Lib.2, cap.2
Discorso di Paolantonio Soderini intorno all'ordinamento interno di Firenze. Discorso di Guidantonio Vespucci sul medesimo argomento. Autoritý di Gerolamo Savonarola in Firenze. Ordinamento della repubblica.
NÈ erano in questo tempo i fiorentini in minore ansietý e travaglio per le cose intestine; perchÈ, per riordinare il governo della republica, avevano, subito dopo la partita da Firenze del re, nel parlamento, che secondo gli antichi costumi loro Ë una congregazione della universitý de' cittadini in sulla piazza del palagio publico, i quali con voci scoperte deliberano sopra le cose proposte dal sommo magistrato, costituita una specie di reggimento che, sotto nome di governo popolare, tendeva in molte parti pi™ alla potenza di pochi che a partecipazione universale. La qual cosa essendo molesta a molti che s'avevano proposta nell'animo maggiore larghezza, e concorrendo al medesimo privata ambizione di qualche principale cittadino, era stato necessario trattare di nuovo della forma del governo. Della quale consultandosi un giorno tra i magistrati principali e gli uomini di maggiore riputazione, Pagol'Antonio Soderini, cittadino savio e molto stimato, parlÚ, secondo che si dice, cosÌ:
- E' sarebbe certamente, prestantissimi cittadini, molto facile a dimostrare che, ancora che da coloro che hanno scritto delle cose civili il governo popolare sia manco lodato che quello di uno principe e che il governo degli ottimati, nondimeno, che per essere il desiderio della libertý desiderio antico e quasi naturale in questa cittý, e le condizioni de' cittadini proporzionate all'egualitý, fondamento molto necessario de' governi popolari, debba essere da noi preferito senza alcuno dubbio a tutti gli altri: ma sarebbe superflua questa disputa, poi che in tutte le consulte di questi dÌ si Ë sempre con universale consentimento determinato che la cittý sia governata col nome e con l'autoritý del popolo. Ma la diversitý de' pareri nasce, che alcuni nell'ordinazione del parlamento si sono accostati volentieri a quelle forme di republica con le quali si reggeva questa cittý innanzi che la libertý sua fusse oppressa dalla famiglia de' Medici; altri, nel numero de' quali confesso di essere io, giudicando il governo cosÌ ordinato avere in molte cose pi™ tosto nome che effetti di governo popolare, e spaventati dagli accidenti che da simili governi spesse volte resultorono, desiderano una forma pi™ perfetta, e per la quale si conservi la concordia e la sicurtý de' cittadini, cosa che nÈ secondo le ragioni nÈ secondo l'esperienza del passato si puÚ sperare in questa cittý se non sotto uno governo dependente in tutto dalla potestý del popolo ma che sia ordinato e regolato debitamente: il che consiste principalmente in due fondamenti. Il primo Ë che tutti i magistrati e uffici, cosÌ per la cittý come per il dominio, siano distribuiti, tempo per tempo, da uno consiglio universale di tutti quegli che secondo le leggi nostre sono abili a partecipare del governo; senza l'approvazione del quale consiglio leggi nuove non si possino deliberare. CosÌ non essendo in potestý di privati cittadini, nÈ d'alcuna particolare cospirazione o intelligenza, il distribuire le degnitý e le autoritý, non ne sarý escluso alcuno nÈ per passione nÈ a beneplacito d'altri, ma si distribuiranno secondo le virt™ e secondo i meriti degli uomini; e perÚ bisognerý che ciascuno si sforzi, con le virt™ co' costumi buoni col giovare al publico e al privato, aprirsi la via agli onori; bisognerý che ciascuno s'astenga da' vizi, dal nuocere ad altri, e finalmente da tutte le cose odiose nelle cittý bene instituite: nÈ sarý in potestý d'uno o di pochi, con nuove leggi o con l'autoritý d'un magistrato, introdurre altro governo, non si potendo alterare questo se non di volontý del consiglio universale. Il secondo fondamento principale Ë che le deliberazioni importanti, cioË quelle che appartengano alla pace e alla guerra, alla esaminazione di leggi nuove, e generalmente tutte le cose necessarie alla amministrazione d'una cittý e dominio tale, si trattino da' magistrati preposti particolarmente a questa cura, e da uno consiglio pi™ scelto di cittadini esperimentati e prudenti che si deputi dal consiglio popolare; perchÈ non cadendo nello intelletto d'ognuno la cognizione di queste faccende, bisogna sieno governate da quegli che n'hanno la capacitý; e ricercando spesso prestezza o secreto, non si possono nÈ consultare nÈ deliberare con la moltitudine. NÈ Ë necessario alla conservazione della libertý che le cose tali si trattino in numeri molto larghi, perchÈ la libertý rimane sicura ogni volta che la distribuzione de' magistrati e la deliberazione delle leggi nuove dependino dal consentimento universale. Proveduto adunque a queste due cose, resta ordinato il governo veramente popolare, fondata la libertý della cittý, stabilita la forma laudabile e durabile della republica. PerchÈ molte altre cose, che tendono a fare il governo del quale si parla pi™ perfetto, Ë pi™ a proposito differire ad altro tempo, per non confondere tanto in questi princÌpi le menti degli uomini, sospettosi per la memoria della tirannide passata, e i quali, non assuefatti a trattare governi liberi, non possono conoscere interamente quello che sia necessario ordinare alla conservazione della libertý: e sono cose che, per non essere tanto sostanziali, si differiscono sicuramente a pi™ comodo tempo e a migliore occasione. Ameranno ogni dÌ pi™ i cittadini questa forma di republica, ed essendo per la esperienza ogni dÌ pi™ capaci della veritý, desidereranno che il governo continuamente sia limato e condotto alla intera perfezione: e in questo mezzo si sostenterý mediante i due fondamenti sopradetti. I quali quanto sia facile ordinare, e quanto frutto partorischino, non solo si puÚ dimostrare con molte ragioni ma eziandio apparisce chiarissimamente per l'esempio. PerchÈ il reggimento de' viniziani, se bene Ë proprio de' gentil'uomini, non sono perÚ i gentil'uomini altro che cittadini privati, e tanti in numero e di sÌ diverse condizioni e qualitý che egli non si puÚ negare che e' non partecipi molto del governo popolare, e che da noi non possa essere imitato in molte parti; e nondimeno Ë fondato principalmente in su queste due basi, in sulle quali quella republica, conservata per tanti secoli insieme con la libertý l'unione e la concordia civile, Ë salita in tanta gloria e grandezza. NÈ Ë proceduta dal sito, come molti credono, l'unione de' viniziani, perchÈ e in quel sito potrebbono essere, e sono state qualche volta, discordie e sedizioni, ma dall'essere la forma del governo sÌ bene ordinata e bene proporzionata a se medesima che per necessitý produce effetti sÌ preziosi e ammirabili. NÈ ci debbono manco muovere gli esempli nostri che gli alieni, ma considerandogli per il contrario: perchÈ il non avere mai la cittý nostra avuto forma di governo simile a questo Ë stato causa che sempre le cose nostre sono state sottoposte a sÌ spesse mutazioni, ora conculcate dalla violenza delle tirannidi ora lacerate dalla discordia ambiziosa e avara di pochi ora conquassate dalla licenza sfrenata della moltitudine; e dove le cittý furono edificate per la quiete e felice vita degli abitatori, i frutti de' nostri governi le nostre felicitý i nostri riposi sono stati le confiscazioni de' nostri beni, gli esili, le decapitazioni de' nostri infelici cittadini. Non Ë il governo introdotto nel parlamento diverso da quegli che altre volte sono stati in questa cittý, i quali sono stati pieni di discordie e di calamitý, e dopo infiniti travagli publici e privati hanno finalmente partorito le tirannidi; perchÈ, non per altro che per queste cagioni oppresse, appresso a nostri antichi, la libertý il duca di Atene, non per altro l'oppresse ne' tempi seguenti Cosimo de' Medici. NÈ si debbe averne ammirazione: perchÈ, come la distribuzione de' magistrati e la deliberazione delle leggi non hanno bisogno quotidianamente del consenso comune ma dependono dall'arbitrio di numero minore, allora, intenti i cittadini non pi™ al beneficio publico ma a cupiditý e fini privati, sorgono le sette e le cospirazioni particolari, alle quali sono congiunte le divisioni di tutta la cittý, peste e morte certissima di tutte le republiche e di tutti gli imperi. Quanto Ë adunque maggiore prudenza fuggire quelle forme di governo le quali, con le ragioni e con l'esempio di noi medesimi, possiamo conoscere perniciose! e accostarsi a quelle le quali, con le ragioni e con l'esempio d'altri, possiamo conoscere salutifere e felici! PerchÈ io dirÚ pure, sforzato dalla veritý, questa parola: che nella cittý nostra, sempre, un governo ordinato in modo che pochi cittadini vi abbino immoderata autoritý sarý un governo di pochi tiranni; i quali saranno tanto pi™ pestiferi d'un tiranno solo quanto il male Ë maggiore e nuoce pi™ quanto pi™ Ë moltiplicato, e, se non altro, non si puÚ, per la diversitý de' pareri e per l'ambizione e per le varie cupiditý degli uomini, sperarvi concordia lunga: e la discordia, perniciosissima in ogni tempo, sarebbe pi™ perniciosa in questo, nel quale voi avete mandato in esilio un cittadino tanto potente, nel quale voi siete privati d'una parte tanto importante del vostro stato, nel quale Italia, avendo nelle viscere eserciti forestieri, Ë tutta in gravissimi pericoli. Rare volte, e forse non mai, Ë stato assolutamente in potestý di tutta la cittý ordinare se medesima ad arbitrio suo: la quale potestý poichÈ la benignitý di Dio v'ha conceduta, non vogliate, nocendo sommamente a voi stessi e oscurando in eterno il nome della prudenza fiorentina, perdere l'occasione di fondare un reggimento libero, e sÌ bene ordinato che non solo, mentre che e' durerý, faccia felici voi ma possiate promettervene la perpetuitý; e cosÌ lasciare ereditario a' figliuoli e a' discendenti vostri tale tesoro e tale felicitý, che giammai nÈ noi nÈ i passati nostri l'hanno posseduta o conosciuta. -
Queste furono le parole di Pagolantonio. Ma in contrario Guidantonio Vespucci, giurisconsulto famoso e uomo di ingegno e destrezza singolare, parlÚ cosÌ:
- Se il governo ordinato, prestantissimi cittadini, nella forma proposta da Paolantonio Soderini producesse sÌ facilmente i frutti che si desiderano, come facilmente si disegnano, arebbe certamente il gusto molto corrotto chi altro governo nella patria nostra desiderasse. Sarebbe perniciosissimo cittadino chi non amasse sommamente una forma di republica nella quale le virt™ i meriti e il valore degli uomini fussino sopra tutte l'altre cose riconosciuti e onorati. Ma io non conosco giý come si possa sperare che uno reggimento collocato totalmente nella potestý del popolo abbia a essere pieno di tanti beni. PerchÈ io so pure che la ragione insegna, che l'esperienza lo dimostra e l'autoritý de' valent'uomini lo conferma, che in tanta moltitudine non si truova tale prudenza tale esperienza tale ordine per il quale promettere ci possiamo che i savi abbino a essere anteposti agli ignoranti, i buoni a' cattivi, gli esperimentati a quegli che non hanno mai maneggiato faccenda alcuna. PerchÈ, come da uno giudice incapace e imperito non si possono aspettare sentenze rette cosÌ da uno popolo che Ë pieno di confusione e di ignoranza non si puÚ aspettare, se non per caso, elezione o deliberazione prudente o ragionevole. E quello che ne' governi publici gli uomini savi, nÈ intenti ad alcuno altro negozio, possono appena discernere noi crediamo che una moltitudine inesperta imperita composta di tante varietý d'ingegni di condizioni e di costumi, e tutta dedita alle sue particolari faccende, possa distinguere e conoscere? Senza che, la persuasione immoderata che ciascuno arý di se medesimo gli desterý tutti alla cupiditý degli onori, nÈ basterý agli uomini nel governo popolare godere i frutti onesti della libertý, chÈ aspireranno tutti a gradi principali, e a intervenire nelle deliberazioni delle cose pi™ importanti e pi™ difficili; perchÈ in noi manco che in alcuna altra cittý regna la modestia del cedere a chi pi™ sa, a chi pi™ merita. Ma persuadendoci che di ragione tutti, in tutte le cose, dobbiamo essere eguali, si confonderanno, quando sarý in facoltý della moltitudine, i luoghi della virt™ e del valore; e questa cupiditý distesa nella maggiore parte farý potere pi™ quegli che manco sapranno o manco meriteranno, perchÈ essendo molto pi™ numero aranno pi™ possanza, in uno stato ordinato in modo che i pareri s'annoverino non si pesino. Donde che certezza arete voi che, contenti della forma la quale introdurrete al presente, non disordinino presto i modi, prudentemente pensati, con nuove invenzioni e con leggi imprudenti? alle quali gli uomini savi non potranno resistere. E queste cose sono in ogni tempo pericolose in un governo tale, ma saranno molto pi™ ora, perchÈ Ë natura degli uomini, quando si partono da uno estremo nel quale sono stati tenuti violentemente, correre volonterosamente, senza fermarsi nel mezzo, all'altro estremo. CosÌ chi esce da una tirannide, se non Ë ritenuto, si precipita a una sfrenata licenza; la quale anche si puÚ giustamente chiamare tirannide, perchÈ e un popolo Ë simile a un tiranno quando dý a chi non merita, quando toglie a chi merita, quando confonde i gradi e le distinzioni delle persone; ed Ë forse tanto pi™ pestifera la sua tirannide quanto Ë pi™ pericolosa l'ignoranza, perchÈ non ha nÈ peso nÈ misura nÈ legge che la malignitý, che pure si regge con qualche regola con qualche freno con qualche termine. NÈ vi muova l'esempio de' viniziani, perchÈ in loro e il sito fa qualche momento e la forma del governo inveterata fa molto, e le cose vi sono ordinate in modo che le deliberazioni importanti sono pi™ in potestý di pochi che di molti; e gl'ingegni loro, non essendo per natura forse cosÌ acuti come sono gli ingegni nostri, sono molto pi™ facili a quietarsi e a contentarsi. NÈ si regge il governo viniziano solamente con quegli due fondamenti i quali sono stati considerati, ma alla perfezione e stabilitý sua importa molto lo esservi uno doge perpetuo, e molte altre ordinazioni, le quali chi volesse introdurre in questa republica arebbe infiniti contradittori; perchÈ la cittý nostra non nasce al presente, nÈ ha ora la prima volta la sua instituzione. PerÚ, repugnando spesso alla utilitý comune gli abiti inveterati, e sospettando gli uomini che sotto colore della conservazione della libertý si cerchi di suscitare nuova tirannide, non sono per giovargli facilmente i consigli sani; cosÌ come in uno corpo infetto e abbondante di pravi umori non giovano le medicine come in uno corpo purificato. Per le quali cagioni, e per la natura delle cose umane, che comunemente declinano al peggio, Ë da temere che quello che sarý in questo principio ordinato imperfettamente, in progresso di tempo in tutto si disordini, pi™ che da sperare che o col tempo o con le occasioni si riduca alla perfezione. Ma non abbiamo noi gli esempli nostri senza cercare di quegli d'altri? chÈ mai il popolo ha assolutamente governata questa cittý che ella non si sia piena di discordie, che ella non si sia in tutto conquassata, e finalmente che lo stato non abbia presto avuto mutazione: e se pure vogliamo ricercare per gli esempli d'altri, perchÈ non ci ricordiamo noi che il governo totalmente popolare fece in Roma tanti tumulti che se non fusse stata la scienza e la prontezza militare sarebbe stata breve la vita di quella republica? perchÈ non ci ricordiamo noi che Atene, floridissima e potentissima cittý, non per altro perdÈ l'imperio suo, e poi cadde in servit™ di suoi cittadini e di forestieri, che per disporsi le cose gravi con le deliberazioni della moltitudine? Ma io non veggo per quale cagione si possa dire che nel modo introdotto nel parlamento non si ritruovi interamente la libertý, perchÈ ogni cosa Ë riferita alla disposizione de' magistrati, i quali non sono perpetui ma si scambiano, nÈ sono eletti da pochi: anzi, approvati da molti, hanno, secondo l'antica consuetudine della cittý, a essere rimessi ad arbitrio della sorte: perÚ, come possono essere distribuiti per sette o per volontý di cittadini particolari? Aremo bene maggiore certezza che le faccende pi™ importanti saranno esaminate e indiritte dagli uomini pi™ savi pi™ pratichi e pi™ gravi, i quali le governeranno con altro ordine con altro segreto con altra maturitý che non farebbe il popolo, incapace delle cose, e talvolta, quando manco bisogna, profusissimo nello spendere, talvolta ne' maggiori bisogni tanto stretto che spesso, per piccolissimo risparmio, incorre in gravissime spese e pericoli. » importantissima, come ha detto Pagolantonio, la infermitý d'Italia, e particolarmente quella della patria nostra: perÚ che imprudenza sarebbe, quando bisognano i medici pi™ periti e pi™ esperti, rimettersi in quegli che hanno minore perizia ed esperienza. E da considerare in ultimo che in maggiore quiete manterrete il popolo vostro, pi™ facilmente lo condurrete alle deliberazioni salutifere a se stesso e al bene universale, dandogli moderata parte e autoritý; perchÈ rimettendo a suo arbitrio assolutamente ogni cosa, sarý pericolo non diventi insolente, e troppo difficile e ritroso a' consigli de' vostri savi e affezionati cittadini. -
Arebbe ne' consigli, ne' quali non interveniva numero molto grande di cittadini, potuto pi™ quella sentenza che tendeva alla forma non tanto larga del governo se nella deliberazione degli uomini non fusse stata mescolata l'autoritý divina, per la bocca di Ieronimo Savonarola da Ferrara, frate dell'ordine de' predicatori. Costui, avendo esposto publicamente il verbo di Dio pi™ anni continui in Firenze, e aggiunta a singolare dottrina grandissima fama di santitý, aveva appresso alla maggiore parte del popolo vendicatosi nome e credito di profeta; perchÈ, nel tempo che in Italia non appariva segno alcuno se non di grandissima tranquillitý, avea nelle sue predicazioni predetto molte volte la venuta d'eserciti forestieri in Italia, con tanto spavento degli uomini che e' non resisterebbono loro nÈ mura nÈ eserciti: affermando non predire questo e molte altre cose, le quali continuamente prediceva, per discorso umano nÈ per scienza di scritture ma semplicemente per divina revelazione. E aveva accennato ancora qualche cosa della mutazione dello stato di Firenze; e in questo tempo, detestando publicamente la forma deliberata nel parlamento, affermava la volontý di Dio essere che e' s'ordinasse uno governo assolutamente popolare, e in modo che non avesse a essere in potestý di pochi cittadini alterare nÈ la sicurtý nÈ la libertý degli altri: talmente che, congiunta la riverenza di tanto nome al desiderio di molti, non potettono quegli che sentivano altrimenti resistere a tanta inclinazione. E perÚ, essendosi ventilata questa materia in molte consulte, fu finalmente determinato che e' si facesse uno consiglio di tutti i cittadini, non vi intervenendo, come in molte parti d'Italia si divulgÚ, la feccia della plebe ma solamente coloro che per le leggi antiche della cittý erano abili a partecipare del governo; nel qual consiglio non s'avesse a trattare o a disporre altro che eleggere tutti i magistrati per la cittý e per il dominio, e confermare i provedimenti de' danari, e tutte le leggi ordinate prima ne' magistrati e negli altri consigli pi™ stretti. E acciocchÈ si levassino l'occasioni delle discordie civili, e si assicurassino pi™ gli animi di ciascuno, fu per publico decreto proibito, seguitando in questo l'esempio degli ateniesi, che de' delitti e delle trasgressioni commesse per il passato circa le cose dello stato non si potesse riconoscere. In su' quali fondamenti si sarebbe forse costituito un governo ben regolato e stabile se si fussino, nel tempo medesimo, introdotti tutti quegli ordini che caddono, insino allora, in considerazione degli uomini prudenti: ma non si potendo queste cose deliberare senza consenso di molti, i quali per la memoria delle cose passate erano pieni di sospetto, fu giudicato che per allora si costituisse il consiglio grande, come fondamento della nuova libertý; rimettendo, a fare quel che mancava, all'occasione de' tempi e quando l'utilitý publica fusse, mediante la esperienza, conosciuta da quegli che non erano capaci di conoscerla mediante la ragione e il giudicio.