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Grammatica di base per aspiranti scrittori – La D eufonica

Io amo molto la d eufonica, ovvero la d aggiunta ad una congiunzione o preposizione che incontri una vocale nella parola seguente. Trovo sappia dare armonia a frasi di dubbia sonorità e, se ben utilizzata, risolvere molte cacofonie.Se ben utilizzata, però.

Ci sono distinte teorie sul suo uso, una che propende per la semplificazione e una che tende a preservare la funzione primigenia.

La prima postula che si debba introdurre la d solo nel caso in cui siano in contatto due identiche vocali: e con e, a con a, et similia. Ne consegue che secondo questa teoria sia migliore “e anche” rispetto alla forma più conosciuta “ed anche”.

La seconda teoria si basa proprio sul motivo per cui la d eufonica nasce: evitare di pronunciare frasi cacofoniche. Per cui ogni volta che leggendo ci troviamo davanti ad una sonorità dubbia (a una o ad una?) il criterio per l’inserimento della d è la sua utilità nel rendere la frase più gradevole.

Nonostante l’Accademia della Crusca consigli il primo modo, da sempre io propendo per il secondo: la d eufonica non dovrebbe avere regole restrittive ma essere applicata ogni qualvolta si renda necessaria, onde permettere alle proposizioni di scorrere in modo piacevole.

Ovviamente l’orrore fonetico può essere causato anche da un eccesso di D eufonica, che non andrebbe mai usata in caso di ripetizioni di sillabe: “ed educazione”, “od odio”, “ad adempiere” sono sequenze insopportabili.

Resta come unico criterio di discernimento quindi, come spesso accade, il buonsenso, o se preferite il buongusto. E l’utile trucco di leggere ad alta voce il passaggio incriminato, per capire come possa suonare meglio.

Fonte originale dell’articolo: Liblog

Rilasciato su licenza Creative Commons

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