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Perché la vostra traduzione potrebbe non interessarci…

… e, aggiungiamo, quasi certamente non ci interesserà.

Abbiamo già parlato in dettaglio della ragione per la quale la vostra tesi non è un saggio e non siamo interessati a pubblicarla. Poiché tuttavia, molti studenti si laureano in lingue e letterature straniere, occorre aggiungere una postilla: perché la vostra traduzione del celeberrimo romanzo più o meno conosciuto del celeberrimo scrittore ugandese (nepalese, azeibargiano, inuit, o qualsiasi altra lingua abbia utilizzato per la sua opera) non può interessarci.

Siamo certi che l’opera che avete tradotto sia intessante. Siamo altrettanto certi che la vostra traduzione è perfetta, anzi, un capolavoro. Ma proprio non possiamo pubblicarla.

La ragione è molto semplice: non abbiamo i diritti per farlo. E neppure voi avete i diritti per proporla. La vostra traduzione, finché resta nell’ambito della vostra passione privata o in quello didattico accademico, è giustificata. Ma per diventare un oggetto editoriale deve rispettare quella materia sconosciuta e ignorata che si chiama diritto d’autore.

VI segnaliamo alcuni approfondimenti sul tema:

https://rivistatradurre.it/2014/04/i-diritti-editoriali-questi-sconosciuti/

https://www.lucalovisolo.ch/traduzione/professione/autopubblicare-le-traduzioni-i-diritti-dautore.html

e in particolare, solo dopo che avrete letto attentamente gli articoli precedenti, date una pacata lettura a questo utilissimo articolo, che vi spiega come fare per poter tradurre legittimamente un libro altrui e proporlo eventualmente a una casa editrice:

Come fare una proposta editoriale

Vi riproponiamo un passaggio di quest’ultimo articolo, certi che tanto non leggerete tutto il testo, dove invece trovereste molte utili, anzi utilissime indicazioni.

Per sapere se un libro è già stato tradotto, si può cercare la bibliografia dell’autore nel catalogo nazionale delle biblioteche italiane. Se il libro è già stato pubblicato, verosimilmente lì lo troveremo. Tuttavia, se un libro non è presente, soprattutto se è uscito da poco, non è detto che qualche casa editrice non l’abbia già comprato e dato in traduzione.
Se il libro non è presente sul catalogo, l’unico modo per essere sicuri che i diritti del libro siano ancora liberi è scrivere o telefonare alla casa editrice del testo in lingua originale.

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I manoscritti dell’orrore…
ortografico

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adagioIl redattore ordinario invecchia, sbava, digrigna i denti. Beh, direte voi, quale novità? Ormai chi segue la mia rubrica astiosa sa che non sono altro che un incartapecorito rabbioso, relegato a lavorare fra il guano dei piccioni. Per vostra disgrazia, e il vostra è riferito a voi maestri della letteratura, romanzieri aspiranti che già vi definite nelle lettere di accompagnamento quali scrittori, il mio ingrato e vomitevole compito è leggere, leggere, e ancora leggere le vostre proposte di pubblicazione.

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Da giorni, in questo tiepido gennaio che colpisce i miei bronchi marci, trascorro le mie inutili e frustranti giornate aprendo gli archivi della posta elettronica, dove per cinque mesi si sono accumulati i vostri allegati. Otto secondi netti a manoscritto. Tanti ne bastano ormai per rabbrividire, sussultare, essere tentato di imprecare. Eppure mi accontento di poco, pochissimo a dire il vero. Provate ad accontentarmi.

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Provate a scrivere beh e non , o peggio be’, distinguete un’interiezione da un belato. Se poi siete dei raffinati e volete sottolinearlo, scrivete po’ e non , qual è e non qual’è. Esiste il quale ma non la quala, fantomatico uccello da cucinare in padeglia, che non è un piatto tipico spagnolo.

Nun s’è n’è pu’o piu dell’itagliano, si stinge il quore a leggere cueste cose.

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In fondo non sono pretese eccessive. Sarebbe sufficiente utilizzare il correttore ortografico automatico, quello che sottolinea in rosso le parole grammaticalmente scorrette. Potreste persino riuscire a ingannarmi per dieci pagine, anziché farmi desistere alla quarta riga.

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Vi devo rivelare un segreto: sono sottopagato per cercare a tutti i costi di pubblicarvi e questo significa una grande condiscendenza nei confronti della sintassi talvolta zoppicante, della totale mancanza di conoscenza della consecutio temporum, persino della sciatteria che vi spinge a mettere uno spazio prima della virgola e non dopo, del fatto che non abbiate minimamente idea della differenza fra la copula (che in questo caso non è un invito a fare sesso) è ed é, o peggio e’. Non parliamo quando la copula è all’inizio del paragrafo: confessate, non avete la minima idea di quali tasti pigiare per ottenere la È maiuscola. Bisogna usare contemporaneamente tre tasti: alt, maiuscolo e, ovviamente, “e”. È pur vero che possedete soltanto due indici, ma in questo caso fate uno sforzo. Sono errori che commetto anch’io, e che facilmente si correggono in modo automatico. Non occorre un redattore, basta un bonobo ammaestrato.

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Io vorrei selezionarvi. Sogno quei rari momenti, sempre più rari, in cui posso calarmi dalla scala tarlata della malsana soffitta e correndo nel fango fino all’ingresso del lungo viale alberato che conduce al lussuoso ufficio del direttore editoriale, o percorrere leggiadro il giardino fiorente che conduce alla sua arcana biblioteca, per inginocchiarmi ai suoi piedi ed esclamare gioioso:

“Sua reverenza eccellenzosa, avessi scovato infine uno pubblicabile manoscritto, anche se dattiloscritto, ovvero computerscritto.”

Vi supplico, è ormai una questione di vita o di morte. La mia, mica la vostra. Dal momento che vengo pagato a cottimo, dieci euro per ogni manoscritto pubblicabile, devo scovarne almeno uno la settimana per poter sopravvivere a pane e acqua. Ricevessi un centesimo per ogni vostro errore, sarei ricco. Prima di pigiare il tasto “invia” con il vostro preziosissimo allegato, fermatevi un secondo. Chiedete almeno un parere al vostro gatto.

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P.S. (post scriptum, che significa “scritto alla fine” o “scritto in calce” (senza riferimenti all’edilizia): le parole in rosso indicano errori. Non sono in italiano. Questo nel caso voleste giustamente commentare. Come sempre, insulti, accuse veementi, parolacce sono ben accette. Beni alimentari non deperibili, scarpe vecchie, vestiti dismessi, ancora di più. Il vostro beneamato redattore ordinario.