Il 4 novembre 2015, René Girard si è spento nella sua casa di Stanford all’età di 91 anni. Nato ad Avignone la notte di Natale del 1923, nel 1941 riceve il baccalaureato in filosofia al Liceo della medesima città. Si diploma nel 1947 all’Ecole des Chartes, a Parigi, in archivistica e paleografia. Nel 1947 lascia la Francia per stabilirsi negli Stati Uniti: dal 1950 al ’52 è Philosophy Doctor in Storia all’Università dell’Indiana, dal 1952 al ’53 è alla Duke University, dal 1953 al ’57 al Byrn Mawr College, dal 1957 al ’68 alla Johns Hopkins University, dal 1968 al ‘76 alla State University of New York di Buffalo, dal 1976 all’’80 ancora alla Johns Hopkins University. Infine, dal 1981 Girard è alla Stanford University, in California, col ruolo di Andrew B. Hammond Professor of French Language, Literature and Civilization. Oltre a innumerevoli onoreficenze conferitegli in tutto il mondo, nel 2005 Girard viene eletto Membro della prestigiosa Académie Française.
Padre della “teoria mimetico-vittimaria”, sviluppata in testi divenuti ormai classici come Menzogna romantica e verità romanzesca (1961), La violenza e il sacro (1972), Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo (1978), Il capro espiatorio (1982), L’antica via degli empi (1983), Vedo Satana cadere come la folgore (1999), Il sacrificio (2003) e Portando Clausewitz all’estremo (2007), solo per richiamare i più noti, Girard è stato spesso considerato il “Darwin delle scienze umane”, in quanto ha offerto una visione unitaria e sistematica della genesi della cultura e del processo di ominizzazione. La straordinaria forza del sistema girardiano e la sua originalità, ad un tempo epistemologica, ontologica ed etica, scaturisce proprio dal fecondissimo nodo concettuale che unisce la tematica del desiderio mimetico e quella della violenza collettiva – i cosiddetti meccanismi di capro espiatorio – nel complesso fenomeno del sacro.
Com’è noto, a partire da Delle cose nascoste, Girard afferma che nella scrittura giudeo-cristiana è all’opera una forza contraria a quella che cerca costantemente di occultare il meccanismo del sacro violento e che tende allo svelamento di tale menzogna. Soltanto la Bibbia è in grado di decifrare le rappresentazioni persecutorie e il religioso nella sua totalità. Ne deriva una scelta inevitabile e urgente, che Girard articola nelle sue ultime opere con toni sempre più apocalittici: abbandonare il mondo e l’umanità alla catena infinita dei conflitti mimetici oppure intraprendere l’arduo percorso della rinuncia alla violenza e del perdono. Soltanto chi sceglie questa seconda difficile alternativa segue il messaggio evangelico: “È venuto il tempo di perdonarci l’un l’altro. Se non lo faremo ora, non ne avremo più il tempo.”
Marcovalerio Edizioni è ancora una casa editrice giovane, ma in poco più di vent’anni ha percorso una lunga strada, fatta talvolta di successi, di qualche errore, di speranze, cambiamenti e aggiustamenti di rotta. Ripercorriamo le tappe del nostro cammino con voi.
2000
Pochi avrebbero scommesso, in quella mattina estiva del primo agosto 2000, sul successo di questo progetto culturale. La crisi del settore librario era già evidente, anche se le sue conseguenze si sarebbero palesate negli anni a venire.
Tanto più ardita l’idea, perché realizzata in Piemonte, la regione dove storicamente si concentrano i più prestigiosi marchi dell’editoria cattolica e dell’editoria scolastica. Due scrivanie recuperate e due personal computer d’occasione furono i primi strumenti di lavoro, in quella giornata estiva e assolata, nelle stanze della portineria dismessa di uno stabile, in via Sant’Ottavio 53.
È il 1° agosto del 2000 quando nasce Marcovalerio, una piccola società a responsabilità limitata. Idee molte, mezzi decisamente pochi. Il logo è già quello attuale, con la M e la V che si sovrappongono, di colore rosso scuro, anche se qualche volta diventerà arancio. Il nome, invece, è “Marco Valerio”, staccato. Un omaggio a una persona importante, un sogno augurale. Di quegli anni pionieristici restano i ricordi della vicina Pasticceria Primavera. Un luogo magnifico, dove potete ancora oggi assaggiare dolci siciliani da leccarsi i baffi e dove, in primavera ed estate, si trasferiva in massa la redazione a lavorare.
Per capitale, l’entusiasmo e la determinazione. Poco spazio, pochi mezzi e, naturalmente, pochi titoli in progetto. Il primo libro pubblicato dalla casa editrice è un saggio di Enrico Pederzani, grande figura di sacerdote salesiano e insegnante di filosofia, Momenti di pedagogia cristiana. Libro difficile, che caratterizza immediatamente la produzione nel campo della saggistica e che ancora oggi è a catalogo e mai ne uscirà. Le copertine sono scarne, e tali resteranno negli anni, almeno per quanto riguarda la collana I SAGGI, che rappresenta ancora oggi la produzione di punta del marchio.
Giorni quasi eroici, e talvolta un poco disperati. Ci si recava al lavoro in tram o bicicletta. I primi titoli videro la luce nel tardo autunno, ma soltanto con l’anno successivo la casa editrice avrebbe avviato una produzione strutturata e programmata, presentandosi sul mercato con una rete di distribuzione organizzata a livello nazionale.
Le prime bozze, le prime prove di stampa, gli abbozzi di copertina furono assemblati presso la Legatoria Moretti, una struttura artigiana che esattamente dieci anni dopo, avrebbe cessato la propria attività con il pensionamento dei titolari. Come non ringraziarli e ricordare insieme a loro quel primo tomo, realizzato in copia unica con una stampante da ufficio, la copertina approssimativa incollata a mano dalla pazienza della signora Natasha, per vedere un libro che poche settimane dopo sarebbe andato in stampa?
2001
È il 2001 il primo vero anno di attività editoriale. All’inizio dell’anno nasce un progetto no-profit che caratterizza e qualifica Marcovalerio Edizioni nel campo dell’accessibilità: la collana Liberi Corpo 18, libri a grandi caratteri per lettori ipovedenti e dislessici. Un esperimento che viene guardato con curiosità e una certa dose di supponenza da molti editori togati, e che prosegue ancora oggi, pur tra mille sforzi, garantendo un ampio catalogo di classici della letteratura in formato accessibile.
Il primo distributore a proporre nelle librerie torinesi i nostri titoli fu Carlo Gambetta, storico grossista scolastico, i cui magazzini, allora in via Le Chiuse, ospitarono in un angolino i saggi di un altro grande autore, Redi Sante Di Pol, i cui saggi di storia della scuola compongono l’ossatura iniziale della produzione universitaria di Marcovalerio.
Fu però un grande editore e distributore lombardo, FAG, che per molti anni veicolò i nostri titoli in quella regione, ad aprirci il mercato nazionale. Un atto incredibile di fiducia, perché la maggior parte del catalogo era ancora soltanto un progetto, con copertine provvisorie e testi ancora in parte in mano agli autori.
Qualcuno fu più scettico. Qualche piccolo editore, ad esempio, che scommise su tre mesi di vita della società come massimo risultato. Non merita ricordarli, perché in parte scomparsi e in parte rimasti nell’oblio dei marchi da cantina.
Nello stesso anno prende l’avvio la terza collana editoriale, GNOSI, un percorso delicato attraverso i classici della letteratura esoterica e misterica. Testi integrali, per veri cultori della materia. La collana, subito identificata dal colore giallo delle copertine, crescerà rapidamente acquisendo una vasta platea di lettori fedeli. Ai classici si aggiungono presto autori di punta contemporanei, primo fra tutti Roy Eugene Davis.
Di misteri e cultura religiosa e spirituale, in una città dalla grande tradizione esoterica come Torino, si occupavano e si occupano in molti. Anche in questo caso la scelta fu impegnativa fin dall’inizio: pubblicare soltanto opere in edizione integrale e saggi di approfondimento specialistico, lasciando ad altri la divulgazione approssimativa e i titoli ad effetto. Il primo autore contemporaneo a comparire nel catalogo sarebbe diventato un nome di punta della collana.
2002
Il 2002 viene dedicato quasi interamente all’organizzazione della rete distributiva. Marcovalerio sta raggiungendo i cinquanta titoli e il mercato delle librerie inizia ad accorgersi dell’esistenza di questo piccolo editore subalpino. Nasce la collana I BOXER, i tascabili di Marcovalerio. Testi integrali ad un prezzo competitivo, che fanno la loro comparsa vicino alla cassa delle librerie e consolidano il marchio presso i lettori. La collana proseguirà per alcuni anni, fino al suo naturale esaurimento e verrà successivamente rimpiazzata dai FAGGI, in un nuovo formato e una più accattivante veste grafica.
2003
Il 2003 viene interamente dedicato ai libri per ipovedenti. Grazie al progetto lanciato dal Ministero per i Beni Culturali, Marcovalerio investe decisamente sull’accessibilità, diventando rapidamente il primo editore in Italia e uno dei primi in Europa per numero di titoli. La collana LIBERI Corpo 18diventa uno standard di riferimento e, malgrado i numerosi tentativi di imitazione, si conquista l’apprezzamento delle associazioni del settore e soprattutto di migliaia di lettori ipovedenti, ai quali viene finalmente reso disponibile un catalogo per lo studio e per ritrovare il piacere della carta fra le mani. Marcovalerio raggiunge la fatidica soglia dei cento titoli pubblicati. In soli 3 anni di attività, è un piccolo record.
2004
Ormai il marchio Marcovalerio è lanciato. Il 2004 è un anno intensissimo. Nasce la collana di Storia della Cultura materiale, diretta dal prof. Franco Panero dell’Università di Torino. Esce la monumentale opera Mozart, tutti i testi delle composizioni vocali. Viene pubblicato anche il primo titolo di narrativa contemporanea, nella collana I Boxer. È Il Calzolaio, un non giallo, un non noir del noto regista Corrado Farina.
2005
La saggistica torna protagonista, con una ricca serie di titoli e di autori qualificati.
2006
Nasce un nuova collana tascabile: I classici ritrovati, dedicata alle opere minori e introvabili del patrimonio letterario italiano dell’Ottocento e Novecento. Marcovalerio, dopo anni di assenza, riporta ai lettori l’intera quadrilogia di Antonio Fogazzaro, i Cento Anni di Giuseppe Rovani, ma anche opere dimenticate di elevato valore letterario.
2007
Anno avventuroso e ricco di esperimenti. Viene incorporato il marchio Torino Poesia. Un esperimento che durerà tre anni e che lancerà sul panorama editoriale diversi nomi divenuti noti ai lettori. I giovani poeti piemontesi varcano i confini italiani, visitano l’Europa, gli Stati Uniti, l’Asia, grazie agli scambi con gli Istituti italiani di cultura. Dalle collaborazioni e dai progetti nascono traduzioni estere e coedizioni con Francia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, Brasile.
2008
È tempo di social network. Apre la pagina Facebook e, poco dopo, anche l’account Twitter. La produzione è intensa. Sono 21 i nuovi titoli ancora in buona parte a catalogo, con saggi d’inchiesta, ampie recensioni sulla stampa quotidiana. È anche l’ultimo anno in cui la nostra casa editrice perde il proprio tempo con il Salone del Libro di Torino, ormai agonizzante e privo di spunti culturali.
2009
Marcovalerio nel frattempo ha cambiato sede, abbandonando il piano terra di via Sant’Ottavio, ormai troppo stretto e poco adatto ad ospitare chilometri di cavi e pareti di monitor, per una nuova e moderna sede, nel Centro Europa, in corso Tazzoli. Nasce il nuovo centro stampa digitale, che permette una produzione serrata, nuovi formati e tempi di distribuzione molto più rapidi. Nell’autunno, la casa editrice esordisce alla Frankfurter Buchmesse, la più importante fiera del libro mondiale.
Nasce la collana I FAGGI, che raccoglie l’eredità dei tascabili e propone ai lettori classici della letteratura e opere contemporanea di elevata qualità È immediatamente un successo.
Ai marchi Marcovalerio e Torino Poesia si affianca ora la produzione della Cooperativa L’Arca, che si affida per la distribuzione dei suoi prestigiosi titoli di filosofia, religione ed etica, sotto la direzione del prof. Aldo Rizza.
2010
Anno di consolidamento il 2010. La produzione delle diverse collane prosegue a ritmo ininterrotto, senza particolari innovazioni. Molti i nuovi titoli, con un ritmo in crescita. La casa editrice mette a segno un acquisto importante. Giunge in redazione un’autrice e curatrice che stravolge i canoni seriosi del nostro marchio e che pubblica in pochi mesi due best seller: è Valentina Sardu autrice di Foulard creativi e della ristampa anastatica dell’Enciclopedia dei Lavori femminili di Therese De Dillmont. Due titoli soltanto, su una produzione di decine in quell’anno, il più prolifico della storia della casa editrice, protesa a celebrare il decennale di attività, ma destinati a portare frutti inattesi e aprire nuove interessanti sentieri culturali.
Dieci anni vissuti con passione. Mastini dell’editoria, ci avrebbe definiti un editore scanzonato e geniale. Sicuramente fedeli al motto che ancora oggi campeggia nell’ingresso dei nuovi e luminosi uffici che ospitano la redazione: «Un editore scrive un proprio libro fatto di mille capitoli, quanti sono i titoli che sceglie di pubblicare»
2011
Una nuova collana va ad integrare la produzione di saggistica. È il progetto Il nostro Risorgimento, realizzato in collaborazione con il Coordinamento delle Unitre del Piemonte. L’anniversario dell’Unità d’Italia viene celebrato dalla casa editrice con una serie di saggi impegnativi commissionati ad esperti.
2012
Dalla mente creativa di Valentina Sardu nascono la collana Vintage Cross Stitch e il marchio Ajisaipress, destinato l’anno successivo a staccarsi e vivere di vita propria. Il ricamo antico, dal Rinascimento al Novecento, si affianca alla saggistica universitaria e alla gnosi. Punto croce e blackwork diventano parole note in redazione.
Il percorso di Marcovalerio Edizioni, tuttavia, rischia di arenarsi a questo punto. Le strade societarie si dividono, complice anche la pesantissima crisi del settore, e il 29 dicembre 2012, Marcovalerio Srl viene posta ufficialmente in liquidazione. Un grande sogno, una grande avventura, rischiano di scomparire per sempre.
2013
Il destino di Marcovalerio Edizioni e della sua ricca storia culturale resta incerto per alcune settimane. Abbandonata a se stessa, smantellata la sede, i collaboratori si interrogano sul futuro. E dalla volontà e determinazione di quanti avevano vissuto la straordinaria esperienza del gruppo di lavoro per tredici anni, nasce una soluzione.
Il Centro Studi Silvio Pellico, costituito a Cercenasco, in provincia di Torino da un gruppo di operatori culturali di grande livello, prende in gestione provvisoria il marchio Marcovalerio, al quale affianca per la distribuzione, grazie alla fiducia concessa dalla Diocesi di Pinerolo, un altro marchio editoriale che si sta affacciando al mondo dei libri: Vita, una casa editrice che già pubblica un free press in 15 mila copie sotto la direzione granitica di Patrizio Righero. Anche gli altri marchi, L’Arca e Ajisaipress, quest’ultimo ormai autonomo e orientato al di fuori del settore librario, accettano di collaborare. I libri già pronti, che ancora non erano andati in stampa, vengono rapidamente approntati e distribuiti, tenendo vivo il marchio.
Marcovalerio si trasforma in un’unica parola:
MARCOVALERIO
2014
Riprende la collaborazione con il marchio Ajisaipress, lanciando la linea di schemi per ricamo blackwork già distribuiti a livello mondiale in solo formato elettronico.
Il marchio Marcovalerio viene definitivamente acquisito dal Centro Studi Silvio Pellico. La strada continua. La passione per la cultura anche.
2015
Il 1° agosto 2015 Marcovalerio festeggia, in una giornata intensa, i suoi primi quindici anni di attività. Oltre trecento persone visitano le mostre allestite per l’occasione nel piccolo parco del Centro Studi Silvio Pellico. Senatori, consiglieri regionali, sindaci del territorio si alternano fra le mostre e gli stand campagnoli, insieme agli autori che vengono a farci visita. Due anni di duro lavoro hanno portato i risultati sperati. Ora Marcovalerio è nuovamente una realtà solida.
Pochi i titoli del marchio, ma grande consolidamento nell’assetto associativo, grazie a volontari giovani ed entusiasti.
2016
Libri e territorio. Un connubio importante. Perché cultura e letteratura si nutrono di un rapporto forte con gli uomini che abitano i luoghi della narrazione. Nasce così, grazie a Patrizio Righero e Cristina Menghini il progetto Terre d’Acaia, che radica il marchio in questa magnifica terra, senza perdere di vista la vocazione globale.
Nasce la collana dedicata alla fotografia, con Sguardi, anime, storie, un libro sognante di Massimo Damiano. Riparte la produzione a ritmo serrato. Alla terra che ci ospita dedichiamo una collana intera, I racconti delle Terre d’Acaia, con le opere di Piero Righero, cui seguiranno i successi di Cristina Menghini e la ripubblicazione di Alle porte d’Italia, di Edmondo De Amicis, l’opera che l’autore di Cuore dedicò al pinerolese.
2017
È l’anno di Giorgio Bàrberi Squarotti, che ci regala lo spettacolare saggio Il cannocchiale barocco. Una raccolta che purtroppo uscirà postuma, poche settimane dopo l’approvazione finale delle bozze del grande studioso della letteratura italiana, ormai cieco e semi paralizzato, ma fino all’ultimo giorno lucidissimo. Nel 2017, un altro grande autore ci regala il suo penultimo libro. Escono Sette lezioni di vita cosciente di Roy Eugene Davis. Ci lascia un grande storico della pedagogia, per noi sicuramente il più grande: Redi Sante Di Pol.
2018
Esce Ispirazioni per la pratica spirituale. Il testamento letterario di Roy Eugene Davis, che scomparirà l’anno successivo. E la spiritualità domenicana risponde con un’opera di grande spessore, a cura di Paola Panetta: Polvere. No grazie. Sullo scenario di guerra, pubblichiamo il secono diario dal fronte del grande fotografo internazionale Ugo Lucio Borga.E, ciliegina su una torta ricchissima di proposte culturali, Andrea Tornielli ci dona la sua monumentale bibliografia su Paolo VI, il papa della modernità.
2019
Un altro importante marchio di cultura si unisce alla famiglia del Centro Studi Silvio Pellico. Un dono inatteso, quello del catalogo Ivo Forza, che arricchisce l’offerta spirituale con traduzioni di prim’ordine delle opere di Lev Tolstoj. Pochi giorni dopo, ci lascia un altro grandissimo autore, Roy Eugene Davis.
l 30 dicembre 1989 concludeva la sua operosa giornata terrena il filosofo Augusto Del Noce. Entriamo, quindi, nell’anno venticinquesimo dalla morte. Un anniversario che auspichiamo stimoli un’ampia (…) riflessione e riscoperta critica del suo pensiero.
di Marco Margrita
Il 30 dicembre 1989 concludeva la sua operosa giornata terrena il filosofo Augusto Del Noce. Entriamo, quindi, nell’anno venticinquesimo dalla morte. Un anniversario che auspichiamo stimoli un’ampia – e quanto mai necessaria, ché se l’abusata categoria di profetico ha un senso, è questo il caso d’utilizzarla – riflessione e riscoperta critica del suo pensiero. In questo recuperando l’occasione quasi smarrita del centenario della nascita (1910-2010), che è scivolata confermando (purtroppo) la natura di rimosso di questo originale pensatore. Una rimozione soprattutto nell’ambito del mondo culturale cattolico, che pure avrebbe un gran bisogno di paragonarsi all’analisi delnociana.
Il pensatore solitario e l’avversione del cattolicesimo politico della resa dialogante
Augusto Del Noce, morto all’indomani della caduta dell’ultima dittatura marxista d’Europa, quella del rumeno Nicolae Ceausescu, non ha potuto assistere al realizzarsi del “suicidio della rivoluzione” che pure con lucidità aveva previsto, in un libro così intitolato, nel 1978, quando gran parte dell’intellettualità (in particolare cattolica) si industriava su ben altri scenari.
Come ricordava Vittorio Messori, nel suo corposo “Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana” (Paoline, Milano 1992), “Del Noce ha pagato un tributo pesante in emarginazione, talvolta in derisioni e calunnie. Aveva provato sulla sua pelle che, oggi, la vera Inquisizione, e di un rigore inimmaginabile per quella antica, è di segno “laico”, si presenta per giunta sotto le vesti della tolleranza, del pluralismo, del dialogo”. Nello stesso libro, il giornalista ed apologeta cattolico, che con Del Noce ha in comune la torinesità d’acquisizione, sottolinea però che “di questa persecuzione di stampo laicista o ateista, non si lagnava più di tanto. Ciò che invece lo amareggiava (e, sempre dolorosamente lo stupiva) era un’avversione forse ancor più acre che gli giungeva all’interno di quella Chiesa stessa che amava, che cercava di servire e nella quale vedeva la sola possibilità (e per tutti: credenti, ma anche non credenti di buona volontà) di ritrovare la strada per la dignità, la libertà, la giustizia vere tra gli uomini”.
Ecco, l’avversione (quindi la rimozione) di Augusto Del Noce nell’ambito del cattolicesimo italiano malato di dossettismo e di sudditanza all’egemonia gramsciana. Il Del Noce profeta scomodo, che merita di essere riscoperto. D’essere attualizzato non ha bisogno, ché come ha scritto Marcello Veneziani: “Del Noce l`inattuale ha compreso la nostra attualità più del suo amico e antagonista Bobbio o delle vulgate radicali, marxiste e neoazioniste”.
Giustamente ha sostenuto Ernesto Galli della Loggia che “escluso per lunghi anni dal Pantheon consacrato del cattolicesimo politico italiano – ed anche perciò poco noto al grande pubblico – Augusto Del Noce può finalmente ambire oggi a farvi legittimamente ingresso grazie all’opera di quel galantuomo che quasi sempre è il tempo. Motivo dell’esclusione fu negli anni del “Politicamente corretto” in versione democristiana, il giudizio critico che egli maturò assai presto nel confronto del main stream, in cui si era messo il cattolicesimo italiano con l’avvento del centro-sinistra e all’indomani del vaticano II. Un giudizio critico che dall’inizio degli anni ’60 dà a Del Noce la sbrigativa nomea del reazionario”.
E’, quindi, oggi come non mai, il tempo di un impegno di diffusione del pensiero di questo grande irregolare e “pensatore solitario”. Questo scritto, vuole umilmente proporre e fondare l’urgenza di tale necessità.
Un pensiero sorgivo, adeguato e realista
Nato a Pistoia nel 1910, Augusto Del Noce si formò nell’ambiente culturale torinese, laureandosi nel 1932 con una tesi su Malebranche e aderendo all’antifascismo insieme ad altri esponenti della sinistra cristiana, come Felice Balbo, dalle posizioni del quale poi si distinse nettamente, soprattutto sulla base della convinzione dell’inconciliabilità tra cristianesimo e marxismo, uno dei fulcri della sua “impresa filosofica”.
Il marxismo – sostiene Del Noce – rappresenta bene l’approdo ateo del pensiero moderno e contemporaneo: infatti, esso pretende di negare non soltanto l’esistenza di Dio, ma anche il desiderio di Trascendenza che abita nel cuore dell’uomo, e pretende altresì di sostituirsi alla religione promettendo di realizzare la felicità su questa terra mediante un radicale cambiamento della società.
Come ben sintetizza Maurizio Schoepflin, secondo il pensatore “esiste, però, un altro volto della filosofia moderna e un altro percorso seguito dal pensiero postcartesiano: è la linea che, detto in estrema sintesi, conduce a Rosmini e Gioberti, passando attraverso Malebranche e Vico; una linea che permette di recuperare positivamente il pensiero cattolico italiano dell’Ottocento, ingiustamente trascurato nella foga di cercare di realizzare un impossibile dialogo con le filosofie atee e materialiste, tra le quali, come si è visto, spicca il marxismo. Soltanto la ripresa di un genuino pensiero di ispirazione cattolica potrà fungere da antidoto contro la secolarizzazione che contraddistingue la società contemporanea e che, a giudizio di Del Noce, è figlia dell’innaturale connubio tra ateismo comunista e ideologia borghese, uniti nel combattere la verità della religione cristiana e votati a condurre l’umanità verso il baratro del nichilismo”. L’imporsi del debolismo, con gli esiti totalitari che segnano il relativismo di quest’epoca, conferma purtroppo la veridicità di questa tesi. La resa alla modernità, che ha preceduta il consegnarsi sentimentale alla post-modernità, di larga parte del pensiero soi-disant cattolico è un’altra profezia realizzata.
In un articolo del 1975 per il quotidiano democristiano “Il Popolo”, il filosofo faceva notare che “nell’ultimo quarto di secolo si è svolto quel «Kulturkampf», cioè quella lotta della cultura contro il pensiero cattolico che Gramsci auspicava… È stata la lotta maggiore che l’Italia abbia conosciuto. È riuscita? Parzialmente, certo: il cangiamento delle valutazioni morali nel costume, ecc. che si è avuto in questi venticinque anni, è eccezionale. Non dirò che sia stato sempre negativo e che certe incrostazioni non meritassero di cadere: tuttavia, bisogna pur riconoscere che non si è trattato di una purificazione del pensiero e della morale cattolici, ma di una loro eversione. Pensare a un «aggiornamento» come a un’adeguazione al «nuovo» sarebbe una di quelle tante sciocchezze senza pari che conoscono oggi un’incontrollata circolazione.
Il successo però è stato soltanto parziale. Non si è formata una nuova coscienza marxista o illuminista o che altro dir si voglia, ma si è determinato soltanto un vuoto degli ideali. Se nella parte cattolica la confusione è oggi eccezionale, non si può però dire che le tendenze neomodernistiche, progressistiche, ecc., abbiano trionfato: si ha l’impressione, anzi, che stia cominciando il declino della loro fortuna. Ritorno ai principi: questa è la formula di ogni rinascita religiosa. Per un partito che, per aconfessionale che sia, è tuttavia composto per la massima parte da cattolici, non si può pensare a un risveglio politico che sia separabile da un risveglio religioso… Bisogna tuttavia ammettere che l’intensità dell’attacco ha fatto sì che questi principi si sono, nella coscienza comune, oscurati; abbiano, anzi, subito un oscuramento quale mai antecedentemente si era avuto.
Penso che possano essere ritrovati solo per via negativa; solo attraverso una critica rigorosamente razionale, dall’interno, delle posizioni avverse; una critica, si intende, che riconosca la loro serietà. In primo luogo, per la sua impostazione, della cultura gramsciana”.
Detta in termini che non dispiacerebbero a Papa Francesco, quello vero e non quello scalfarizzato, la sfida è quello di una presenza capace di porsi in dialogo (e non, à la Dossetti, di un annullamento in un dialogo fondato sulla rinuncia di una presenza con la propria identità, con una sostanziale deriva moralista). Proprio la scommessa di una “rinascita di un’originale presenza cattolica” chiede di darsi strumenti di pensiero adeguati. Il pensiero delnociano è, indubbiamente, uno di questi.
Vista anche la considerazione centrale in cui tiene il limite strutturale dell’uomo. Come ha fatto autorevolmente notare Gianni Baget Bozzo, in un suo scritto nel decennale della morte,“Del Noce riteneva che la dottrina del peccato originale fosse per il pensiero politico una ipotesi salvifica, perché impediva di pensare quello che egli chiamata il perfettismo. E quindi la società totale del comunismo. Per Rodano la bontà tomista della natura dopo il peccato originale in quanto natura era una ipotesi teologica feconda politicamente, per Del Noce era invece ipotesi feconda proprio il dogma del peccato originale nella interpretazione che ne aveva dato Agostino”.
All’indomani della morte, in un servizio per il TG1, Rocco Buttiglione, allievo di Del Noce, ben spiegava che “la chiave del pensiero di Del Noce è la convinzione che il dramma dell’uomo moderno stia nella necessità di una scelta radicale per o contro il Cristianesimo. E che solo, sarebbe, a partire da questa decisione fondamentale tutte la vicende della storia contemporanea risultino comprensibili.
Questa posizione si oppone in modo radicale a coloro che hanno considerato il moderno come un tempo post-cristiano in cui un uomo di tipo nuovo, che non sente più l’anelito di Dio, si adatta a trovare la sua perfetta felicità in un mondo soltanto finito.
Ma l’umano desiderio di infinito, ha sostenuto nelle sue opere Del Noce, si riafferma in forme malate che si rivolgono contro l’uomo; così i diversi regimi totalitari sono, in fondo, tentativi di secolarizzare il Cristianesimo, cioé di realizzare nella storia, per la sola forza dell’uomo la compiuta felicità e la perfetta giustizia.
Essi si propongono di realizzare un fine irrealizzabile sulla terra con le sole forze dell’uomo, illudendosi di avanzare verso la loro meta soltanto con l’uso di una violenza sempre più grande e finiscono così per realizzare l’esatto contrario di ciò che inizialmente si proponevano: la società più alienata e ingiusta che sia possibile concepire”.
Considerazioni che valgono, confermando l’urgenza di una diffusione anche militante della filosofia di Del Noce, pure di fronte ai sensuali e pervicaci progetti della post-modernità e dei suoi cantori.
Del Noce ed il superamento dell’irrilevanza dei cattolici. Conclusione (necessariamente provvisoria)
Questo tempo che ci è stato consegnato chiede a noi cattolici di uscire, per il “bene comune”e non per un progetto egemonico, dall’irrilevanza in cui decenni di “volontaria incomprensione” ci hanno recluso. Con la Trahison des Clercs di chi l’ha ritenuta un male necessario (Pietro Scoppola e tutti suoi eredi fino ad un certo renzismo) o un bene da perseguire (Franco Rodano o Gianni Vattimo, per quanto con orizzonti ideologici diversissimi).
Augusto Del Noce, e l’attualità radicata nell’Eterno del suo pensiero, può e deve essere un alleato decisivo in questa buona battaglia. Se ne riscopra, quindi, il decisivo lavoro filosofico. Il venticinquesimo della morte, che cade in un’epoca tanto confusa quanto decisiva, è un’occasione da (ac)cogliere.
Sono moltissimi gli autori che negli anni hanno pubblicato con Marcovalerio Edizioni. Non a tutti siamo ancora riusciti a dedicare una pagina completa. Citiamo, in ordine alfabetico, tutti coloro che hanno contribuito culturalmente al marchio editoriale, nell’attesa di dedicare loro uno spazio più ampio.
Massimo Acuto è nato a Torino nel 1960. Laureato in Medicina Veterinaria, ha dedicato la vita a comprendere il carattere umano.
Renato Alonne, insegnante.
Salvo Andò, docente universitario e uomo politico di grande rilievo, è stato Ministro della Difesa nel Governo Amato I. Già docente di diritto costituzionale all’Università di Catania, è attualmente Magnifico Rettore dell’Università Kore di Enna.
Luciano Atticciati
Bruno Babando, giornalista e scrittore torinese. È stato direttore di ricerca di alcuni importanti istituti di ricerca italiani, Eurispes e Iter. Ha scritto per le principali testate nazionali (Il Manifesto, L’Unità, Stampa Sera, Il giornale, Rinascita). È stato direttore responsabile di Grp Televisione, storica emittente piemontese. È autore di numerosi saggi su Torino, la Fiat e le classi dirigenti. Dirige la testata online Lo Spiffero.
Laura Baradello
Enrico Basso
Chiara Bertoglio, dopo il suo primo récital pianistico, tenuto all’età di otto anni, ha suonato in sale prestigiose quali il Concertgebouw di Amsterdam, la Wiener Saal del Mozarteum di Salisburgo, l’Istituto Chopin di Varsavia, la Sala dell’Accademia di Santa Cecilia, la Filarmonica Romana, il Politeama di Palermo, la Steinway Hall di Londra, la Sala Tripcovich di Trieste, i Conservatori di Roma, Torino, Milano, Firenze, Trieste etc., e per stagioni quali l’Unione Musicale di Torino, il Festival Mozart di Rovereto, la Società dei Concerti di Milano, Polincontri Classica, il Festival Opera Barga, il Festival Imago Sloveniae etc. Nel dicembre 2005 ha debuttato presso la Carnegie Hall di New York, interpretando un Concerto di Mozart con la Curtis Chamber Orchestra diretta dal M.o Leon Fleisher.
Bruno Bianco
Piero Boldrin
Cristian Bonaldi, nato a Serina, provincia di Bergamo, nel 1975. Nel 2000 conclude gli studi teologici presso il Seminario Vescovile “Beato Giovanni XXIII” di Bergamo. Da anni e’ un appassionato studioso e ricercatore nel campo dell’occulto.
Ugo Lucio Borga, giornalista, fotoreporter
Silvia Bragonzi
Marcella Cagno
Peter Carravetta è professore di italiano e letteratura comparata alla City University of New York. Filosofo e scrittore, pubblica sia in americano sia in italiano.
Ugo Castagnotto è stato uno degli ultimi allievi di Charles Morris (autore del celebre Segni, linguaggio, comportamento) alla University of Florida nel 1967, dove ha anche insegnato. E’ attualmente docente presso l’Università di Urbino.
Giancarlo Chiapello
Guido Conforti
Emilio Carlo Corriero
Massimo Damiano
Cosmo De La Fuente, figlio di emigrati in Venezuela, Cosmo è balzato alla ribalta come autore e cantante, prima di diventare noto al grande pubblico come scrittore. Centinaia i siti che riportano i suoi interventi e brevi racconti.
Roberto D’Ingiullo
Olga Doubasova
Claudio Erba
Stefano Floris
Edoardo Gazzera
Luciana Iapella Contardi
Antonio Magliulo
Roberto Maestri, nato a Tortona nel 1958, vive e lavora ad Alessandria. Fondatore e presidente del Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato”, svolge l’attività di ricercatore di Storia Medievale.
Paolo Marta
Ugo Mazzotta è nato nel 1956 a Napoli, dove vive ed esercita la professione di medico legale. Sempre attratto dalle manifestazioni della creativita’ narrativa, musicale e grafica, si e’ negli anni interessato alle interazioni fra arte, informatica e telematica. Giallista ormai consacrato dalla stampa e dai lettori, grazie al ciclo del Commissario Prisco e alle avventure ambientate sull’Appennino.
Cristina Menghini, giornalista e storica
Simona Minutolo
Giancarlo Moiso
Viviana Moretti
Marco Murara
Umberto Pace
Raffaele Palma
Francesco Panero insegna Storia Medievale nella Facolta’ di Lingue e Letterature Moderne dell’Universita’ di Torino. E’ autore di diversi saggi sulla storia degli insediamenti, sull’economia e sulla societa’ urbana e rurale del Basso Medioevo.
Rosanna Pasi, presidente Federazione Italiana Scuola di Danza
Luisa Pavesi
Enrico Pederzani, sacerdote salesiano, una vita di insegnamento, è stato un raffinato studioso di filosofia e pedagogia.
Luca Ragagnin
Leonida Rainaudo
Vilma Ramella
Luca Reteuna
Emanuele Romeres
Antonella Salvatico
Lucio Saviani vive e lavora a Roma, dove insegna Storia della Filosofia all’Università “La Sapienza”. Svolge attività di ricerca e collabora con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Consulente di Rai Educational per l’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, è membro del Collegio di Filosofia Sociale di Roma.
Ciro Sbailò (1960) è un filosofo e giurista italiano. Proveniente da studi filosofici, svolti all’Università Federico II di Napoli, ha collaborato con Massimo Cacciari e Luigi Pareyson, orientandosi poi, negli anni novanta, verso il diritto, realizzando studi su Max Weber, Carl Schmitt e Hans Kelsen. È stato allevo di Paolo Ungari alla Luiss negli anni Novanta, insegnando Diritti dell’Uomo, Diritto costituzionale e Storia delle codificazioni moderne. Negli stessi anni è stato tutor universitario in Diritto privato e Diritto pubblico per studenti italiani e stranieri presso le Università di Malta e San Pio V in Roma. Negli ultimi tempi ha compiuto studi sull’evoluzione del diritto pubblico europeo, fin dalle sue remote origini, e sulla crisi della tradizione giuridica occidentale nell’età della globalizzazione, affrontando anche, in modo innovativo, le questioni inerenti alla società multi-etnica e al rapporto tra sicurezza e democrazia.
Andrea Serra è nato a Torino nel 1975. Si è laureato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino in Filosofia della religione nel 2002 sotto la guida del Prof. Marco Ravera, con una tesi sul pensiero di Gabriel Marcel e i suoi rapporti con la filosofia italiana. È attualmente dottorando di ricerca presso il Dipartimento di discipline filosofiche dell’Università di Torino con un progetto di ricerca sul concetto di dialogo nell’ermeneutica ontologica. Si occupa del pensiero dialogico e dei temi ad esso connessi nella filosofia contemporanea e, insieme, della rivalutazione teoretica della filosofia concreta di Gabriel Marcel. È socio ordinario della Associazione Italiana di Filosofia della Religione
Claudio Tarditi ha compiuto il proprio corso di studi filosofici presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, laureandosi a pieni voti in filosofia della religione nel 2003 sotto la guida del prof. Marco Ravera. Attualmente sta concludendo il dottorando di ricerca presso il dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino con una tesi dal titolo “Con e oltre la fenomenologia storica. Le eresie fenomenologiche di Jacques Derrida e Jean-Luc Marion“. Dal febbraio 2005 è borsista della Fondazione “Luisa Guzzo” di Torino (borsa di studio “Domenica Borello”). Nel dicembre 2004 ha tenuto presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino una conferenza su L’interpretazione del dionisiaco nel pensiero di René Girard; nell’aprile 2006 presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Univ. di Viterbo (sede distaccata di Tarquinia), ha tenuto una conferenza su Girard dal titolo “Le metamorfosi del desiderio”.
L’AIAF, associazione italiana degli analisti finanziari, organizza il 18 ottobre 2013, a Roma, presso la sede dell’Ordine dei Dottori Commercialisti, in piazzale Delle Belle Arti 2, un corso di formazione dedicato a
Investimenti esteri in Italia: le opportunità per gli investitori islamici
Fra i relatori, anche Enrico Giustiniani, autore dei volumi “Elementi di finanza islamica” e “Finanza, etica e religione” editi da Marcovalerio. Oggetto della relazione è la costruzione di un “paniere” di titoli “Sharia compliant” Italiani (come sa, gli investitori Islamici osservanti hanno delle regole d’investimento particolari); un vero e proprio indice e tratto alcune interessanti conclusioni.
Una delle follie introdotte dalla New Age è il cosiddetto Pensiero Positivo. Se pensi positivo la tua vita cambia: amore, amicizie, lavoro, soldi, malattie, all’improvviso tutto volge al meglio. Sull’onda di questa teoria, in questi ultimi anni è emerso un nuovo tipo umano: il pensatore-positivo.
Il pensatore positivo è schiavo di una tragica illusione, ossia che tutto ciò che accade fuori e attorno a noi, sia determinato da ciò che accade dentro di noi. Di conseguenza saremmo noi a creare, amici traditori, partner infedeli, ambienti di lavoro mobbistici, malattie e persino gli incidenti. Questa convinzione determina a sua volta una cascata di pie illusioni. Non vai d’accordo con la moglie? Pensa positivo e tutto si risolve “naturalmente”. Tuo figlio si droga? Pensa positivo e vedrai che tutto s’aggiusta. Hai perso il lavoro? Pensa positivo e lo ritroverai. Stai sperimentando ira, rabbia,gelosia, odio, amarezza? Pensa positivo e vedrai questi sentimenti negativi sciogliersi come neve al sole.
Come se non bastasse, talvolta il pensatore-positivo diviene preda di pesanti idiosincrasie. A suo dire egli sviluppa uno speciale sesto senso per captare la “negatività”: terrificante spauracchio da sfuggire in tutti i modi. Perciò può accadere che, egli, improvvisamente si eclissi da ambienti sociali e frequentazioni abituali, perché sentiti come “negativi” (“Sabato sera – racconta una conoscente- ero a una festa ma me ne sono dovuta andar via perché sentivo la negatività”). Non soltanto ci sono persone negative ma perfino abitazioni, soprammobili, monili. La statuina riproducente un elefantino con la proboscide volta in alto è positiva, mentre se la proboscide è volta in basso è negativa. Il tatuaggio con la spirale che sale è positivo, se la spirale scende è negativo. Soprattutto si parla sempre più spesso di “energia” positiva o negativa senza tuttavia mai sapere bene di che si tratti.
La religione dev’essere “positiva”, così il cristianesimo New-Age tende a cancellare l’Antico Testamento perché contiene – a mio parere giustamente- tutto il catalogo delle barbarie umane: stupri, sodomie, stermini, assassini a cominciare da Caino e Abele. Persino Gesù, che ha avuto il coraggio di infrangere molti tabù ebraici, è stato ridotto ad una specie di guru efebico, quando non lo si è cancellato come “persona”, preferendo parlare di “energia cristica, o coscienza cristica” (!?).
Questa ossessione per tutto ciò che è positivo, con conseguente cancellazione di ciò che è negativo, dimenticando la dimensione tragica della vita, provoca, nel pensatore-positivo una pericolosa scissione sia nel proprio io che negli oggetti esterni. La psicologia ci insegna che la sanità mentale consiste proprio nel saper integrare la parte accettata di sé con la parte oscura (che Jung chiamava l’Ombra), così come bisogna saper integrare la parte positiva e negativa di quello che è fuori di noi. Questa mancata integrazione genera una specie di schizofrenia, una vita vissuta solo a metà. E poiché, nonostante gli sforzi del pensare positivo, la dimensione tragica, prima o poi, irrompe nelle nostre vite; ne conseguono delusioni e frustrazioni.
Enrico Giustiniani è nato a Roma nel 1966, laureato in economia con lode a 22 anni, dottore commercialista, pubblicista, attualmente lavora presso la Banca Finnat di Roma dove si occupa soprattutto di tematiche fiscali.
Attualmente coordina un gruppo di lavoro AIAF (Associazione Italiana Analisti Finanziari) per la pubblicazione di un quaderno tematico sul rating Islamico per le società Italiane. Ha pubblicato diversi articoli su temi economici e finanziari. Da diversi anni si interessa di etica e del rapporto tra religione e finanza soprattutto nella ricerca della via per un nuovo umanesimo nell’economia: non solo la competenza, ma anche la coscienza dell’uomo deve emergere nel mondo del lavoro. Il distacco tra economia reale e quella virtuale della finanza non è dato solo dalla speculazione, ma soprattutto dall’incapacità degli operatori finanziari di comprenderne gli effetti sulle persone.
Nella collana I SAGGI di Marcovalerio ha pubblicato: Elementi di Finanza Islamica e Finanza, etica e religione.
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