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Bisognerebbe far capire agli studenti…

«Bisognerebbe far capire agli studenti che il valore legale della laurea va abolito. Bisogna spiegare agli studenti che meritocrazia non è una brutta parola… Visto che la politica e i ministri non ci riescono – e anche in questo caso destra e sinistra per me fa poca differenza – a reagire al loro dilettantismo devono essere gli uomini di scienza».

Giulio Giorello è il filosofo della scienza più noto d’Italia, oltre che un intellettuale dotato di vis polemica notevole. Ma i suoi interessi non si limitano solo all’ambito della matematica o della storia del pensiero scientifico. Nel 1981 ha curato l’edizione italiana di Sulla libertà di John Stuart Mill, avviando – in certo senso – una rinascita degli studi sul pensatore inglese. Conosce bene anche l’editoria colta. Dirige, infatti, per l’editore Raffaello Cortina, la collana «Scienza e idee».

Il Giornale lo ha intervistato l’11 novembre 2008 nell’ambito del piccolo «Processo alla cultura» che ha istruito a partire dall’articolo di Luca Doninelli su cui, il 10 novembre 2008, ha detto la sua anche Massimo Cacciari.

Interventi che molti non condivideranno, sicuramente, ma che riteniamo puntuali e significativi di una presa di consapevolezza dello stato in cui versa la cultura italiana. E la cultura è palestra del futuro politico, sociale ed economico di un Paese.

Qualche passo, tratto dagli articoli citati, su cui vi invitiamo a discutere, se lo volete.

Luca Doninelli«La nostra domanda investe, piuttosto, la cultura italiana, sulla quale, in grandissima parte, si potrebbero ripetere – spesso rincarando le dosi – le osservazioni mosse da Morrison e dallo stesso Compagnon nei riguardi di quella francese, e che si riassumono nel suo scarso peso a livello internazionale, nel suo provincialismo, nella sua mancanza di originalità. Da noi non esiste, di fatto, uno Stato Culturale come quello deprecato da Fumaroli, e la cultura, più che un affare di Stato, appare come un affare di élite, di salotti, di circoli, di cricche e, se mai, in un recente passato, di controllo ideologico a opera del fascismo prima e del partito comunista poi, che in modi solo in parte diversi hanno acquistato potere nei gangli della produzione culturale, contaminando (anche mediante il ricatto) l’esercizio della libertà intellettuale nel nostro Paese.

Sono tutte cose che sappiamo benissimo. Del resto, gli agenti patogeni della libertà intellettuale esistono e probabilmente esisteranno sempre dappertutto, e questo ha una sua logica (starei per dire giustizia) perché è nella lotta, nella tensione, nella dialettica che la libertà si afferma. Non ho mai sentito parlare, né qui, né altrove, di uomini liberi che non abbiano pagato il prezzo della loro libertà.

Quello, piuttosto, che preoccupa è la totale assenza, da noi, di un ripensamento paragonabile a quello dei nostri cugini francesi. A nessuno viene in mente di produrre un’analisi critica della nostra cultura capace di abbracciare insieme letteratura, spettacolo, beni culturali e università, considerandoli come un unico problema. Nessuno ha voglia di farsi dei nemici. Così ci accontentiamo di riempire lo Stivale di premi e festival e ci illudiamo che la cultura sia in buona salute. Per i ripensamenti è sufficiente Porta a porta, o qualche altro talk show. L’intellettuale fa un mestiere mal pagato, ha scarsa stima di sé (un buon gelataio guadagna più della maggior parte degli scrittori), ed è facile che finisca per rincorrere un posticino al sole a caccia di gettoni di presenza, girando per convegni e festival, tenendo rubrichette su riviste o, se va bene, aprendosi una strada nel cinema.»

Massimo Cacciari«È difficile che la saggistica vada bene. Noi abbiamo un’editoria umanistica invidiabile. Le faccio un esempio: pensi al livello qualitativo della collana filosofica di Bompiani curata da Giovanni Reale. Testi di valore, curatissimi e a un prezzo più che accessibile. All’estero per leggere un classico a volte si devono sborsare centinaia di euro».

«Da anni dico che il valore legale dei titoli di studio va abbandonato. Abolirlo crea competitività fra gli atenei e aiuta ad attrarre gli investimenti verso i poli d’eccellenza… Certo, poi bisogna mantenere tutta una serie di controlli sul livello dell’insegnamento, sul che cosa si insegna. Serve un quadro normativo chiaro, non si può permettere che qualcuno vada in cattedra a raccontare La vispa Teresa… Ma in ogni caso, una volta mantenute norme e regole, l’eliminazione del valore legale si trasformerebbe in un’importante molla di rilancio. Il resto sono discussioni al livello del grembiulino…».

E voi, cosa ne pensate?

Autore

  • Il redattore ordinario per eccellenza, è invecchiato e incartapecorito fra scartoffie e manoscritti. Miope, in tutti i sensi, cinico e distaccato. Ama i libri, ma neppure i libri ricambiano il suo affetto. Il peggior incontro che un autore possa fare quando si avventura in casa editrice. Per fortuna, non lo si incontra mai, perché da decenni vive relegato in un oscuro scantinato, dove lavora giorno e notte al lume di una lampada a petrolio, tra il gocciolio dei tubi e il fetore dei ratti.

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